MANGIARE E BERE AL TUSCOLANO CINECITTA’ – Moggio Vineria
L’idea è semplice ma fin troppo coraggiosa. Bottiglie di vino (non manca la birra) accompagnate da degustazioni, le une e le altre da piccoli produttori non industriali e alieni alla grande distribuzione, fattori, allevatori, agricoltori, vignaioli, caseari, con i quali gli osti (due amici di origine campana) intrattengono un rapporto diretto; questo necessariamente servito in una piccola sala da 25 posti interni e 20 in giardino a via dei Quintili, lo “struscio” principale della vecchia borgata del Quadraro. In più la filologica finezza del nome “Moggio”, un evidente riferimento al vicino mausoleo di epoca imperiale, individuato come Monte del Grano, corruzione di modius grani (moggio di grano), dalla sua forma caratteristica simile all’antica unità di misura del grano.
Al Moggio, dal 2017 con il pieno apprezzamento della clientela, prima dei i vini e dei “moggi” (pagnottelle ripiene di sughi e preparati, o di salumi e formaggi), si offre la conoscenza delle piccole aziende da cui provengono le materie prime, e delle loro tecniche di lavorazione. E’ quindi normale leggere sul menù che un Dolcetto d’Alba arriva dalla cantina dei fratelli Serio e Battista Borgogno di Barolo, ha subito macerazione per 6-8 giorni in botti di legno, è fermentato e affinato in acciaio e poi affinato in bottiglia; che un Trebbiano Giallo IGT Lazio viene da Velletri ed è stato surmaturato e muffato nel cemento; che il caciocavallo podolico l’ha fatto l’azienda agricola di Carmelina Colantuono a Frosolone (Isernia), utilizzando latte vaccino crudo lavorato a pasta filata da animali al pascolo e stagionato in cantine naturali per 18 mesi. Tutto in perfetta sintonia con l’idea degli osti che il mangiare è una storia che comincia ben prima del mettersi a tavola. Al Moggio anche eventi, mostre e musica dal vivo.