Che l’emergenza pandemica sia almeno percepita come conclusa è testimoniato dalla riapertura al pubblico di una manifestazione di grosso richiamo e per natura votata all’assembramento come Maker Faire Rome. Alla sua IX edizione la fiera della creatività digitale, verde, sostenibile riprende con gli eventi e gli stand fisici al Gazometro Ostiense (senza dismettere la fruizione via web) da oggi al 10 ottobre compreso. 240 spazi espositivi in cui altrettanti artigiani del futuro – ma anche università, piccole e grandi aziende, centri di ricerca, enti pubblici – presentano prototipi e progetti innovativi per agricoltura, produzione del cibo, salute, intelligenza artificiale e robotica, economia circolare, scienza dei dati, senza dimenticare arte e musica.
L’Ostiense fu il primo quadrante fuori le Mura Aureliane a vocazione industriale. Nei primi due decenni del ‘900 l’ansa del Tevere nei pressi della Basilica di San Paolo accolse – oltre ai nuovi Mercati Generali – prima gli impianti per la produzione del gas per distillazione del carbone, eredi di quelli cittadini voluti nell’ottocento dai Papi per l’illuminazione pubblica, poi i motori a combustibili fossili per la produzione di elettricità, con la Centrale Termoelettrica Montemartini. Dagli anni novanta classico esempio di archeologia industriale rigenerata, oggi è sede di un museo di scultura romana dei Capitolini celebrato anche all’estero, e poi di università, coworking, imprese innovative e locali della movida; un’evoluzione che qualcuno chiamerebbe gentrificazione. Qui più che altrove, e Maiker Faire ne coglie l’aspetto sostanziale, la prova di un mutamento dell’idea di progresso. Dall’industria energetica pesante e inquinante imposta dall’alto ad una leggera brezza fatta di idee e creatività sostenibile, almeno in apparenza promosse dal basso.
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