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Spazio Y. Milotta-Donchev

11 Novembre 2019

Anto Milotta Zlatolin Donchev Spazio Y 2019Fino al 7 dicembre nel minimale Spazio Y di via dei Quintili, intervento site-specific altrettanto minimale ideato dal collettivo composto da Anto Milotta-Zlatolin Donchev. I due artisti, un siciliano di Alcamo e un bulgaro nato a Pechino, attivi tra Sofia e Genova, ripropongo con il titolo “Non so perché, ma non ero mai stato nel posto dove è stato ammazzato Pasolini (Nanni Moretti, Caro Diario)”, una loro già sperimentata istallazione audiovisiva composta da una lastra in marmo con l’incisione “P.P.P.”, da un microfono che diffonde le parole di Pasolini* sulla creatività tratte dal film Teorema, e da una foto che ritrae un loro analogo intervento del 2018 presso il monumento a Pasolini eretto nel punto dell’idroscalo di Ostia in cui lo scrittore e regista fu assassinato.

Nel quarantaquattresimo anniversario della morte (2 novembre 1975), con una professione di anticonformismo sovrapponibile alla incommensurabile originarietà dell’atto creativo ingiudicabile, ma nello stesso tempo riconoscibile anche nel progresso tecnologico, lo spirito del poeta aleggia ancora con tutte le sue contraddizioni tra le casette del Quadraro e tra i ruderi degli acquedotti, alcune delle borgate di Roma da lui elette a nazione del popolo antico vagheggiato e non ancora corrotto. Uno spirito rievocato proprio da due artisti che indagano la dialettica naturale-artificiale e la tecnologia quale meccanismo di dominio sul mondo.

*Bisogna cercare di inventare nuove tecniche che siano irriconoscibili, che non assomiglino a nessuna operazione precedente, per evitare la puerilità, il ridicolo. Costruirsi un mondo proprio, con cui non siano possibili confronti, per cui non esistono precedenti misure di giudizio, che devono essere nuove come la tecnica. (Teorema, Pier Paolo Pasolini)[Continua]

Arte e Mostre, Quadraro, Via Tuscolana, Vicinissimi

IL Parco dell’Appia Antica festeggia 31 anni

7 Novembre 2019

Trentennale Parco dell'Appia Antica 2019Esattamente trentuno anni fa, nell’autunno del 1988, l’istituzione del Parco Regionale dell’Appia Antica portava a conclusione il lungo percorso di battaglie per l’ambiente e lotta alla speculazione privata inaugurato alla fine degli anni cinquanta dal giornalista e scrittore Antonio Cederna.

Circa 3500 ettari di territorio urbano ed extra-urbano – Da Porta San Sebastiano fino ad oltre il raccordo, nel territorio dei Castelli Romani, Dal Parco degli Acquedotti a Capo di Bove, da Tor Fiscale alle Tombe della via Latina e alla Caffarella – venivano blindati da una normativa che contribuiva ad arginare l’abusivismo selvaggio e a proteggere le specificità naturali dell’Agro romano come la sovrabbondanza di resti archeologici che in esso ostinatamente dopo due millenni si ergevano.

Il 10 novembre Il Parco festeggia la ricorrenza con una serie di iniziative gratuite o a tariffe agevolate. All’ex- Cartiera Latina, sede dell’Ente Parco, il presidente Mario Tozzi tiene una conferenza dal titolo “Il clima sta cambiando ci vorrebbe un parco”. In programma visite guidate teatralizzate alla Cartiera. Durante la giornata percorsi di trakking: Di là dal GRA: L’Appia Antica tra cave, solfatare e vegetazione al Punto informativo di Santa Maria delle Mole e Gran tour dell’Appia: tra archeologia e ambiente dagli Acquedotti a Tor Marancia a partire dagli Studi di Cinecittà. Inoltre visite guidate: Voci dalla strada da Porta Capena, Storie di questo territorio a partire dal Parco di Tor Fiscale, Il Sepolcro di Priscilla e infine Casale ex Mulino e Sepolcro Annia Regilla. Molte le iniziative per bambini. Informazioni precise su orari e modalità di prenotazione sul sito del Parco.[Continua]

Bambini, Musei e Archeologia, Natura e Parchi, Parco Appia Antica, Via Appia

Casa Vuota. Ovni di Nordine Sajot

5 Novembre 2019

Nordine Sajot Ovni Casa Vuota Quadraro 2019Fino all’8 dicembre 2019 Casa Vuota, spazio espositivo di via Maia 12, presenta Ovni, personale dell’artista parigina Nordine Sajot, in Italia da 2005 e da tempo attiva a Roma. Sterilizzando le differenze tra mezzi espressivi – fotografia in primis, ma anche istallazioni con ricami, alimenti e fragranze odorose (in collaborazione con Cristina Murgia) – Nordine Sajot con lucida premeditazione elegge il cibo a cinghia di trasmissione tra l’identità della persona e immaginario condiviso; esperienze, gesti involontari, credenze, pose quotidiane appartengono all’atto domestico del mangiare, ed integrano l’individuo, forse da sempre, nella rete di relazioni sociali, lo collocano sulla scia di una tradizione.

Solo che il cibo, e quando parliamo di cibo intendiamo in generale il desiderio che si esprime secondo una regola codificata, non è più la forza silenziosa con cui la tradizione si manifesta, che giunge da lontano e promette l’eternità della favola davanti ai fornelli accesi. Piuttosto, nel mondo del consumo e della pubblicità, è il risultato di una costruzione razionale, una fredda amalgama creata da menti capaci, nella quale sensazioni, stati d’animo, ricordi vengono prima passati al setaccio, quindi rifusi in simboli e immagini che funzionano quali elementi di attivazione, come l’acqua con gli alimenti liofilizzati. Nei suoi lavori l’artista riavvolge il nastro riportando il cibo all’origine del processo, laddove è chiara la sua natura ingannevole di immagine-prodotto. Nessuno oggi potrebbe negare all’arte questa residua funzione di svelamento.[Continua]

Arte e Mostre, Quadraro, Via Tuscolana, Vicinissimi

Jan Fabre a Palazzo Merulana

29 Ottobre 2019

Jan Fabre The rhythm of the brain Palazzo Merulana 2019The rhythm of the brain, Jan Fabre, a Palazzo Merulana fino al 9 febbraio 2020. A cura di Achille Bonito Oliva e Melania Rossi, la Fondazione Cerasi ospita il poliedrico artista belga, sulla scena dell’arte e del teatro contemporaneo dalla fine degli anni settanta; quarant’anni di presenza continua, indomita, tellurica, durante i quali, seppure sempre secondo assi immaginifiche ricorrenti, l’artista belga non ha risparmiato nulla agli occhi del pubblico, un pubblico che non se l’è mai cavata stando in disparte a guardare ma che è stato chiamato ad essere complice e a cambiare, mutarsi nell’intimo. Disegni dai propri liquidi corporei (sangue, lacrime, sperma, saliva), sculture rivestite di gusci di scarabei, autoritratti trafitti o deformati da escrescenze e protesi animali, corpi intrappolati in sadiche armature, triviali performance con lancio di gatti vivi, e soprattutto coreografie in cui ballerini e attori sono corpi-marionetta, esposti per ore a fatiche sull’orlo della sevizie e nudità, carnefici di sé stessi e nello stesso tempo vittime immolate all’idea del regista.

A Palazzo Merulana Fabre ritorna con il cervello, uno dei suoi temi cardine, e lo fa interagendo con le opere di De Chirico, Donghi, Capogrossi, Janni, Casorati e Cambellotti, presenti nella collezione. Trenta tra sculture, disegni e istallazioni, il filmato della performance in cui dialoga con il neuropsichiatra Giacomo Rizzolati padre dei neuroni specchio, e una semina di masse cerebrali – scatole nere in equilibrio precario, limite invalicabile tra materia e pensiero – le quali esemplificano la ricerca estrema ed impossibile dell’artista, il confine che egli non riesce a varcare, per quanto senza sosta apra il suo cranio e ne estragga la materia grigia.

Violenza, ferocia, dominio, come se nell’ascolto di Glenn Gould mentre suona Bach risuonasse esclusivamente il fantasma della scure che sorda si abbatte sull’abete rosso servito per costruire il pianoforte. Questo è in ogni caso il cittadino di Anversa, che ha il merito e la colpa di essere stato tra i primi ad aver mostrato quanto l’arte e la ricerca della bellezza, la bellezza oggi così continuamente con fastidiosa retorica evocata, sia infine un sopruso, un esercizio sadico, non metafora o segno ma pratica di dominio, come qualunque altra umana attività.[Continua]

Arte e Mostre, Vicini

Bacon e Freud al Chiostro del Bramante

22 Ottobre 2019

Bacon Freud la Scuola di Londra Chiostro del Bramante 2019-20Fino al 23 febbraio 2020, Bacon, Freud, la Scuola di Londra, Chiostro del Bramante. Per la prima volta insieme in Italia dipinti e disegni di Francis Bacon, Lucian Freud, Michael Andrews, Frank Auerbach, Leon Kossoff e Paula Rego, pittori diversissimi aggregati come Scuola di Londra, che dal punto di vista pittorico scuola non è, e accomunati dalle frequentazioni degli stessi caseggiati, dal fatto di essere tutti profughi o immigrati e di aver dato il meglio nel trentennio che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni settanta; che poi, a pensarci bene, quello che resta è la coppia di amici Bacon/Freud, e ad essere sinceri, resta il desiderio di vedere tanto, tantissimo in più di Bacon; forse solo e interamente Bacon, il cervello intrepido che nasconde ancora tutto il suo mistero. Ma questo concede la Tate Gallery. La Seated figure del ’61, la figura urlante in Study for a portrait del ’52, Study for Portrait II (After the Life Mask of William Blake) del ’55, Portrait of Isabel Rawsthorne del ’66, Dog del ’52, e poco altro.

Nel corso della vita a molti è capitato, in un ambiente domestico, di guardare assorti per un po’ le persone intime, amici, parenti, fratelli, persino la propria madre o il proprio padre, mentre dialogano, parlano, fanno le cose di tutti i giorni, e all’improvviso, come in un stato di sospesa allucinazione, non riconoscerli più; rapiti dai loro gesti, dai tratti parziali del viso, normalmente familiari, rendersi conto che sono quelli di un estraneo, di un qualunque sconosciuto, anzi sono quelli di tutti i possibili sconosciuti che abitano la terra. Questa è un’esperienza vicina alla pittura di Francis Bacon. Il soggetto è una figura che cerca di affrancarsi dallo sfondo piatto, di inturgidirsi e srotolarsi come un gonfiabile accartocciato mentre si pompa aria, e si deforma nel tentativo di vincere la pressione dell’atmosfera intorno ferma, appesantita da tonnellate di storia intima. Il risultato è precario, privo di punti di riferimento ma è quanto di più prossimo alla verità.[Continua]

Arte e Mostre

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