TG2 Dossier sottolinea la candidatura a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dell’Appia Antica, con la puntata del 28 gennaio 2023.
Si può vedere il documentario su Raiplay cliccando l’mmagine qui sotto
Sebbene siamo certi non ci sia bisogno di pubblicità, ricordiamo la mostra dedicata a Van Gogh a Palazzo Bonaparte che si chiude il 26 marzo 2023. Il prestito di una quarantina di opere del pittore, più una decine tra quelle di ispiratori, da parte del Museo Kröller-Müller di Otterlo (seconda collezione al mondo di opere di Van Gogh), copre i quattro periodi canonici in cui gli storici dell’arte sono soliti suddividere i brevi ma intensi dieci anni creativi (1881-1890) di uno degli artisti più celebri al mondo.
Scegliamo di prestare particolare attenzione ad una sola opera presente in mostra per ciascuna delle quattro tappe. Contadine che raccolgono patate (periodo olandese 1880-1886), con i tratti somatici delle due donne appena abbozzati e un rilievo dinamico dallo sfondo reso come variazione di tonalità bruna, rappresentano il monumento millenario ad un’umanità intesa come elemento tra gli altri nell’alternarsi delle stagioni. A Parigi (1886-1888) Van Gogh scopre la nuova frontiera della pittura neoimpressionista e divisionista, decide inoltre che la fotografia mente spudoratamente mentre la pittura cava dal volto l’anima alle persone. O almeno la sua tra le anime, come dimostra l’Autoritratto presente in mostra, uno dei tanti del periodo, nel quale, abbandonate sfumature e colori scuri della fase precedente, infiamma la tela accostando decisi tratti di colori puri.
Questa nuova ricerca sul colore e sulla luce si accentua al suo arrivo ad Arles (1888-1889), nel centro della vagheggiata Provenza, dove il pittore, in maniera del tutto difforme dal periodo olandese, ritorna ai soggetti del lavoro contadino, ben rappresentati in mostra dal Seminatore.
Se una cosa dobbiamo a Van Gogh ancora oggi, al di là della per la morbosa curiosità per l’artista maledetto, come pure al di fuori del dato medico-diagnostico, è quella di indurci ancora ad interrogare senza risposte precostituite la follia, la depressione, la sofferenza profonda. Il periodo del ricovero prima del suicidio (Saint-Rémy-de-Provence e Auvers-sur-Oise 1889-1890) emerge nei tratti contorti, al tempo stesso ispirati dall’arte giapponese ma senza la medesima atmosfera grafica pacificata, de I pini al tramonto.
Un’estesa copertura mediatica internazionale (The Guardian, Reuters, BBC, per citare alcune testate) pone in risalto il ritrovamento della statua a grandezza naturale di un personaggio nelle vesti di Ercole all’interno del Parco Scott (secondo miglio dell’Appia Antica, nei pressi della Tomba di Priscilla), avvenuto durante scavi di notevole profondità effettuati per riparare delle condotte fognarie primo novecentesche.
Al momento si sa solo che il reperto, probabilmente inabbissato in loco, inavvertitamente o meno, durante la costruzione del condotto fognario, non è stato trovato nella sua sede originaria e di conseguenza non è di immediata datazione; che raffigura forse un personaggio storico: gli archeologi azzardano, per confronto del viso con effigie su monete e per le famigerate rughe d’ansia repubblicane di nuovo in auge nel III secolo d.C., egli sia l’Imperatore Decio Traiano, 249-251 d.C.. L’unica cosa certa è che egli si è fatto immortalare nel marmo con indosso la leontè, la pelle del leone Nemeo, ed equipaggiato di clava e faretra, armi e bagagli universalmente attribuiti all’eroe Ercole.
Da qui forse il clamore del ritrovamento, peraltro avvenuto a 20 metri circa di profondità. L’usanza degli imperatori romani di auto-divinizzarsi sotto le spoglie di Ercole, poteremmo chiamarla eracleismo ideologico, inizia probabilmente con Adriano (senza dimenticare che in materia il primo riferimento è Alessandro Magno) e prosegue nei secoli successivi, documentata molto bene dalla numismatica, ma obiettivamente da poche testimonianze statuarie; alcune peraltro splendide come quella di Palazzo Massimo attribuita a Traiano e il certissimo, celeberrimo busto di Commodo dei Musei Capitolini. Archeologi e restauratori pensano che dopo pulitura e restauro si possa essere in tempo per esporre la statua nella mostra Patrimonium Appiae, Depositi Emersi.
Patrimonium Appiae – Depositi emersi, Casale di Santa Maria Nova, fino al 30 giugno 2023. Con Patrimonium Appiae – Depositi Emersi, il Parco Archeologico dell’Appia Antica probabilmente propone un’interpretazione storico-archeologico alternativa a quella comunemente vulgata riguardo la millenaria arteria e il suo territorio, e fa un ulteriore passo verso la ricostruzione tutta culturale di cui essa è stata oggetto già nell’ultimo decennio, dalla riemersione del tracciato da Roma a Brindisi che lo scrittore Paolo Rumiz ha innescato con il suo cammino, passando per i finanziamenti perché questo tracciato sia studiato e valorizzato (ultimo quello promesso, ingente del Pnrr), fino alla recente candidatura a Patrimonio Unesco dell’Umanità.
L’esposizione, salvando almeno per qualche tempo dalla polvere dei depositi circa 250 reperti ritrovati nel Parco, intende non solo affermare l’importanza del lavoro archeologico paziente e silenzioso, ma ribadire che la storia dell’Appia, o meglio del territorio che la costeggia, non inizia con la costruzione della strada e non coincide con la funzione nevralgica rivestita durante la Repubblica e l’Impero, ma ha i suoi prodromi significativi nella preistoria e nella protostoria, come pure ha importanti sviluppi successivi al periodo classico, dal Medioevo sino alla modernità. Il titolo della mostra d’altronde, oltre a richiamare intuitivamente il patrimonio storico archeologico, evoca proprio il Patrimonium che la Chiesa ha gestito nell’area durante i secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano.
Nell’immaginario turistico e popolare dell’Appia Antica quindi possono trovare posto, accanto al Gran Tour degli intellettuali europei, i valori ambientali, storici e antropologici complessivi di un territorio in fondo risultato favorevole al prosperare della più importante via di comunicazione dell’antichità. Al tempo stesso l’opera di difesa e valorizzazione non non si è fermata alle battaglie di Antonio Cederna partite negli anni ’50, come dimostrano le recenti acquisizioni dai privati (Mausoleo di Sant’Urbano, la Villa dei Tritoni, il Casino di Caccia alla Volpe) e quelle future (villa Massenzia e aree della Fondazione Gerini).
Con le sue sezioni infine, testimonianza di più 20 contesti di scavo ed indagine archeologica distribuiti sulle assi di via Appia, via Latina e via Ardeatina antiche, la mostra è ad oggi il resoconto di un secolare lavoro di ricerca e studio. Del tutto collaterale a nostro avviso Art Crossing – Riattivare il genius loci, l’esposizione delle opere di sei artisti, che risponde all’idea diffusa ormai da più di un decennio di voler ravvivare resti e monumenti antichi affiancandovi l’arte contemporanea. Catalogo della mostra.
Nuovo programma di visite guidate gratuite alle Tombe della via Latina nei prossimi mesi, fino all’estate 2023. Il VII Municipio di Roma Capitale e il Touring Club Italiano promuovono alcune date per visitare con una guida l’interno del Sepolcro Barberini e della Tomba dei Valerii (I-II secolo d.C.), in cui sono conservati pregevoli stucchi, affreschi e mosaici di epoca imperiale, alcuni recentemente restaurati. Un’occasione imperdibile se si considera che l’accesso ai monumenti è possibile esclusivamente se accompagnati da una guida.
Attualmente gli appuntamenti fissati sono per l’11 febbraio alle 10.30, 11 marzo alle 10.30, 15 aprile alle 10.00 e alle 11.30, 6 maggio alle 10.00 e alle 11.30, 10 giugno alle 10.00 e alle 11.30, 1° luglio alle 10.00 e alle 11.30. La prenotazione è obbligatoria all’indirizzo Roma@volontaritouring.it. La visita con guida è gratuita; non lo è l’ingresso, consentito se si è in possesso di Mia Appia Card che, ricordiamo, dà diritto ad entrare gratuitamente per un anno a tutti i siti e gli eventi del Parco Archeologico dell’Appia Antica, costa 15,00 euro ed acquistabile aggiungendo 2,00 euro di prevendita dal sito di Coopculture, oppure senza prevendita nelle biglietterie del Mausoleo di Cecilia Metella e della Villa dei Quintili. Se non si possiede l’Appia Card bisogna munirsi di biglietto ordinario al costo di 8,00 euro presso le suddette biglietterie oppure online.
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