Il 30 ottobre 2023 il Presidente della Repubblica ha autorizzato la presentazione in Parlamento del Disegno di legge di bilancio 2024, nel quale fanno capolino misure fiscali e anti-evasione sugli affitti brevi. La validità definitiva del testo sembra ipotecata dalla blindatura chiesta dal Governo, che non consentirebbe la presentazione di emendamenti da parte della maggioranza in Parlamento.
Il disegno di legge prevede l’aumento dell’aliquota della cedolare secca per gli affitti brevi (meno di 30 giorni) dal 21% attuale al 26%, limitatamente ai casi in cui lo stesso proprietario abbia destinato a questa forma di affitto due o più appartamenti. Rimane al 21% se l’affitto breve riguarda un solo appartamento. Si fa presente che a partire da quattro appartamenti l’attività diventa imprenditoriale con obbligo di Partita Iva, cosa che naturalmente la sottopone a ben diverse forme di tassazione.
La riduzione di platea, a seguito anche delle proteste di proprietari e associazioni, rispetto alle ipotesi iniziali di aumento, trova una sorta di compensazione nel previsto, ma non ancora ben definito, obbligo per tutti gli affitti brevi, e di conseguenza per b&b, case vacanza e tutte le strutture extra-alberghiere, di dotarsi del Cin (Codice Identificativo Nazionale), che li renda tracciabili sulle piattaforme di prenotazione e quindi, in teoria, meno predisposti all’evasione. La sua adozione in un futuro emendamento da presentare durante l’iter di conversione del Dl n. 145/2023 (Decreto Anticipi), collegato alla Manovra 2024.
Una soluzione non esattamente in linea quanto pensato dalle amministrazioni locali, come ad esempio a Roma, dove il Comune vorrebbe legare la presenza degli appartamenti sulle piattaforme al ben più stringente codice CIU, quello che identifica inesorabilmente la struttura come anello, insieme alle piattaforme, nella catena di pagamento della Tassa di Soggiorno.
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